IL PRETORE
    Letti  gli  atti  del procedimento penale contro Colombrita Mario,
 imputato del reato di cui all'art. 116, n. 2, del r.d.  n.  1736/1933
 per  aver emesso un assegno bancario dell'importo di L. 6.500.000, in
 Verona il 30 dicembre 1986, privo della necessita' provvista;
    Rilevato   che  in  esito  all'istruttoria  dibattimentale  appare
 adeguatamente comprovata  la  responsabilita'  penale  dell'imputato,
 stante  il  verbale  di  protesto  in  atti  e  l'assenza  di  idonee
 giustificazioni;
    Ritenuto  che  appare  altresi'  sussistere  la  continuazione tra
 l'episodio per il quale si procede e quello gia' oggetto  di  decreto
 penale emesso dal pretore di Valenza il 6 maggio 1988, esecutivo il 9
 giugno 1988 (di  cui  al  certificato  penale  in  atti),  attese  la
 medesima  indole  dei reati e la contestualita' temporale sostanziale
 (il 30 dicembre 1986 l'episodio oggi a giudizio  ed  il  22  dicembre
 1986  quello  gia'  definito  dal  pretore  di Valenza), sintomatiche
 dell'identita' del disegno criminoso;
    Ritenuto  pertanto  che  questo  pretore dovrebbe, riconosciuta la
 continuazione con l'indicato decreto penale del pretore  di  Valenza,
 irrogare un aumento della pena con quel provvedimento inflitta;
    Rilevato che al Colombrita fu inflitta una pena di lire un milione
 di multa, con il beneficio della non menzione della condanna,  e  che
 qualsiasi  aumento pur minimo determinerebbe la revoca del richiamato
 beneficio, ai sensi del disposto dell'art. 175, primo comma del c.p.;
    Ritenuto  che  il  limite  di un milione di lire posto dalla norma
 citata per l'applicabilita' del beneficio nel caso di condanna a pena
 esclusivamente  pecuniaria  appare  il frutto di una dimenticanza del
 legislatore in sede di redazione della normativa di cui alla legge n.
 689/1981,  laddove,  adeguandosi il valore per il calcolo del computo
 del ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, si e'  stabilito
 che  ogni  giorno  di  pena detentiva equivale a venticinquemila lire
 (testo dell'art. 135 del c.p.  quale  risultante  dalla  sostituzione
 operata  dall'art.  101  della  legge  24  novembre  1981,  n.  689),
 modificandosi cosi' l'entita' della pena pecuniaria che, congiunta  a
 quella  detentiva,  consente  l'applicazione  del beneficio della non
 menzione ai sensi del primo capoverso dell'art. 175 del c.p. (6  mesi
 x 750.000 lire/mese = 4.500.000 lire);
    Ritenuto  che  il  permanere  del limite di un milione nel caso di
 condanna a sola pena pecuniaria non ha quindi alcuna giustificazione,
 essendo  "saltata"  -  per  la  verosimile ritenuta dimenticanza - la
 corrispondenza sostanziale tra la pena detentiva e  la  somma  di  un
 milione  secondo  i parametri di calcolo posti dall'art. 135 del c.p.
 nel  testo  antecedente  la  novella,  corrispondenza  che   appariva
 esplicita   volonta'   legislativa,  stante  il  precedente  costante
 adeguamento (cfr. testo originario dell'art. 175 del c.p.  e  art.  2
 della  legge  24  aprile 1962, n. 191; testo originario dell'art. 135
 del c.p. e artt. 1 e 4 della legge 12 luglio 1961, n. 603);
    Ritenuto  che,  in  ogni  caso, l'attuale disparita' determina una
 situazione di palese ed ingiustificata differenza di trattamento  tra
 chi  sia  condannato alla sola pena pecuniaria e chi sia condannato a
 questa congiunta con la pena detentiva, con un trattamento  deteriore
 per  il  primo  che non puo' riportarsi alla discrezionalita' propria
 del legislatore, sia perche' le considerazioni prima accennate paiono
 fondare   un  giudizio  di  "dimenticanza"  e  di  non  riferibilita'
 "soggettiva" quindi al legislatore dell'attuale situazione  normativa
 in  materia,  sia  perche'  anche  diversamente  opinando palesemente
 irragionevole sarebbe il consentire di fruire  del  beneficio  a  chi
 venga  condannato  per  reati  che,  vuoi  per  la previsione di pene
 congiunte vuoi per l'entita' irrogabile della stessa pena pecuniaria,
 sono  obiettivamente  piu'  gravi  di quelli per i quali il beneficio
 verrebbe escluso;
    Ritenuto  quindi  che  tale  situazione  normativa  pare  idonea a
 fondare un giudizio di non manifesta infondatezza della questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  175,  primo comma, del c.p.,
 nella parte in cui determina nella  misura  di  lire  un  milione  il
 limite  della  pena  pecuniaria  infliggendo  la  quale con una prima
 condanna il giudice puo' concedere il beneficio  della  non  menzione
 della  condanna  nel  certificato del casellario giudiziale spedito a
 richiesta di privati;
    Ritenuto  che  la  questione  e'  rilevante  per  la decisione del
 procedimento penale di cui  in  epigrafe,  giacche'  per  le  ragioni
 esposte  questo  pretore dovrebbe revocare il beneficio gia' concesso
 all'imputato in ossequio all'attuale testo dell'art. 175 del c.p.;
    Ritenuto   che  possono  considerarsi  parametri  per  l'eventuale
 giudizio di incostituzionalita' i principi posti dagli artt. 3 e  27,
 terzo comma, della Costituzione;
    Ritenuto  infine che la situazione di ingiustificata disparita' di
 trattamento  potrebbe  essere  superata  sostituendo  la   cifra   di
 1.000.000  con  quella  di  4.500.000,  risultante  dalla "oggettiva"
 volonta' legislativa presumibile dalla lettura del combinato disposto
 degli  artt.  135 e 175, primo capoverso, del c.p., ovvero con quella
 di L. 5.000.000,  idonea  a  ripristinare  il  rapporto  preesistente
 (1.000.000: 5.000 = 200 x 25.000), sostituzione con la quale la Corte
 adita,   intervenendo   in   favor   rei,   non   eserciterebbe    la
 discrezionalita'  propria  del legislatore ma ne enucleerebbe la gia'
 implicita volonta';